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Articolo di Eutetekne-Riforma terzo settore

Allo studio la riforma del terzo settore Potrebbe approdare al prossimo Consiglio dei Ministri un Ddl. delega in materia / Francesco CAPOGROSSI GUARNA / Mercoledì 09 luglio 2014 Potrebbe essere in dirittura d’arrivo il Ddl. delega al Governo di riforma del Terzo Settore, che reca “disposizioni per promuovere e favorire l’autonoma iniziativa delle persone, singole e associate, per lo svolgimento di attività di interesse generale”. Stando a uno schema di Ddl. passato al vaglio del pre-Consiglio dei Ministri, il testo, composto da sette articoli, conterrebbe molte novità e proposte normative da attuarsi attraverso apposite deleghe, da adottare entro sei mesi, che interessano questioni da sempre cruciali per gli enti non lucrativi e per chi vi opera. Tra questi (art. 1 dello schema di Ddl.) il riordino e la disciplina organica degli enti del libro I Titolo II del codice civile (artt. 14-42) e delle attività con fine solidaristico e di interesse generale, anche consentendo la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale. Sarebbe poi prevista apposita delega per la “Disciplina degli enti” (art. 2) riguardante la costituzione, l’organizzazione e le forme di governance dei soggetti non profit per valorizzarne il ruolo, con particolare riferimento a quelli che operano per la solidarietà sociale attraverso una consistente attività di volontariato. Nell’esercizio di tale delega i principi e i criteri direttivi sono in sintesi i seguenti: semplificazione dell’iter di riconoscimento della personalità giuridica (DPR n. 361/2000); individuazione delle attività e finalità soggettivamente non lucrative (come ad es. avviene per le ONLUS), ma anche dei vincoli per l’attività commerciale strumentale; gestione dell’attività dei volontari e prescrizione dei limiti per poter remunerare i dirigenti e gli amministratori; precisi “indicatori” (oggi quelli non esaustivi ex art. 10 comma 6 del DLgs. n. 460/97) per il divieto di distribuzione anche in forme indirette degli utili e avanzi della gestione, con apertura alla remunerazione del capitale (ovviamente in soggetti giuridicamente adeguati); maggiore autonomia statuaria e di gestione fermi restando i principi di democrazia e di uguaglianza che tengano conto della particolarità della struttura e della compagine associativa (a volte ridottissima o in altri casi molto complessa); differenziazione dei modelli organizzativi in funzione alla dimensione economica dell’ente; valutazione dell’impatto sociale(misurabile in concreto) per l’affidamento di servizi (ad es. da parte degli enti locali); previsione di un “registro unico di settore” su base nazionale che semplifichi il sistema di registrazione degli enti; determinazione di specifiche modalità nella verifica e nel controllo dei vari soggetti (attività svolta e fine perseguito); promozione dei processi aggregativi di enti; mantenimento della disciplina speciale sulla cooperazione allo sviluppo; istituzione (o meglio reintroduzione) di un “organismo nazionale indipendente” (senza oneri aggiuntivi di funzionamento) con compiti di indirizzo, promozione, vigilanza e controllo (dopo l’abrogazione dell’ex Agenzia per il Terzo Settore soppressa dal 2 marzo 2012, ex art. 8 comma 23 del DL n. 16/2012 convertito). Altra delega importante (art. 3) riguarda il riordino e la previsione della disciplina in materia di associazionismo, volontariato (L. n. 266/91) e di promozione sociale (L. n. 383/2000), i cui principi e criteri direttivi consistono nell’armonizzare le diverse norme vigenti, promuovere la cultura del volontariato tra i giovani, valorizzare le reti di secondo livello, riorganizzare il sistema dei Centri di servizio per il volontariato, dei Comitati di gestione nonché dell’Osservatorio nazionale. Viene poi previsto uno specifico intervento sull’impresa sociale (DLgs. n. 155/2006) che di recente aveva già formato oggetto di ampia discussione e proposte di revisione organica (Ddl. A.S. n. 1418 del 27 marzo 2014 su “Disposizioni a sostegno dell’impresa sociale”). Più in dettaglio, le modifiche si riferiscono alla possibilità di considerare non più facoltativa l’assunzione di tale qualifica, all’ampliamento dei settori di attività e della loro compatibilità entro certi limiti nello svolgere attività commerciali diverse da quelle di utilità sociale, all’apertura a forme di remunerazione del capitale e ripartizionedegli utili a precise condizioni e alla possibilità di raccogliere capitali di rischio tramite portali on line (come per le start up innovative), alla modalità di attribuzione della qualifica alle cooperative sociali e loro consorzi nonché all’introduzione di misure fiscali (oggi del tutto assenti) che ne favoriscano l’appeal e l’attrazione degli investimenti. È poi prevista (art. 5) una revisione dell’attuale disciplina del servizio civile (DLgs. n. 77/2002 e L. n. 64/2001), finalizzata all’istituzione di un servizio civile nazionale universale, anche per riconoscere le competenze acquisite nel periodo e favorire l’inserimento lavorativo dei giovani. Infine, la delega per il riordino e l’armonizzazione del sistema tributario, delle forme di fiscalità di vantaggio e di sostegno economico (art. 6). I principi e i criteri direttivi previsti sono volti ad introdurre un regime di tassazione tenendo conto dei fini solidaristici dell’ente, del divieto di distribuzione e dell’impatto sociale per le attività svolte, razionalizzando il sistema delle erogazioni liberali deducibili e detraibili, stabilizzando il 5 per mille, diffondendo i titoli di solidarietà (art. 29 del DLgs. n. 460/97) e favorendo l’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati e di quelli confiscati alla criminalità organizzata.

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